CHARLOT E VERDOUX
SIMMETRIE DELLA VOLONTÀ
di LUCIA PRINCIPE
Prodotto
negli Stati Uniti nel 1947, Monsieur Verdoux è un film americano solo per
caso. Esce infatti in un momento caldo della storia statunitense e della
biografia di Charles Chaplin. È un film scomodo, che viene accolto con
diffidenza dal pubblico e dalla critica, ma soprattutto dal sistema politico
che controlla e muove i fili del teatrino cinematografico hollywoodiano. È un
film scomodo, e come tale viene accolto dal pubblico e dalla critica, che ne
decreta il buco nell'acqua, ma soprattutto dal sistema politico che controlla e
muove i fili del teatrino cinematografico hollywoodiano.
Nel '29
il crollo della Borsa ha messo in crisi l'economia del Paese: il cittadino
americano ha perso i propri risparmi e si è improvvisamente impoverito. Il
benessere e le sicurezze dell'impiegato medio sono sfumati nella Depressione
economica. Poco più di dieci anni dopo è iniziata per gli Stati Uniti la
Seconda Guerra Mondiale, l'invio delle truppe, la corsa agli armamenti: molti
sono caduti, pochi si sono arricchiti. Il secondo dopoguerra ha segnato
l'inizio del conflitto, freddo e perpetuo, contro l'Unione Sovietica e il
regime comunista. Il senatore repubblicano McCarthy inizia a battersi proprio
in questi anni contro ogni azione sovversiva di natura filo-sovietica.
Nell'industria, nella politica, ma anche nella cultura, e quindi nel cinema. Di
lì a poco, anche Charles Chaplin, al tramonto della sua carriera di vedette
dello Star System, sarà iscritto nelle liste nere della Commissione per le
Attività Anti-Americane e, con l'accusa di anti-patriottismo, costretto a
tornare in Inghilterra.
Il
vagabondo, tenero e sfortunato, è inoltre finito al centro di uno scandalo
sentimentale, che ha macchiato la sua figura di eroe del grande cinema anni
Trenta.
Ma al di là della fortuna artistica del suo autore,
questo film è troppo amaro e sottilmente critico per essere accolto in maniera
positiva dal pubblico, fedele al personaggio di Charlot, scottato dagli anni di
Depressione e di guerra, e incapace di apprezzare la commedia nera e l'attacco
sociale, di cui Chaplin diventa portavoce.
Gli stracci di Charlot saranno per sempre
abbandonati nel camerino di qualche studio hollywoodiano e, con coscienza di causa, Chaplin
decide di indossare ora i panni del benvestito e integrato cittadino francese
Henry Verdoux.
Impiegato modello, marito esemplare, fanatico del
buon investimento e del focolare domestico, pratico dei meccanismi economici,
cultore del bon ton e della galanteria; con un'unica pecca: pluriomicida, non
per vezzo, ma per necessità. Nell'apice della crisi economica, l'impiegato di
banca Verdoux, dopo anni di onorato servizio, viene liquidato da un giorno
all'altro e cade in miseria. Atterrito dalla nuova condizione e desideroso di
non sottrarre la moglie paralitica e il figlioletto agli agi della vita
borghese, Verdoux escogita un sistema, poco ortodosso ma infallibile, per
arricchirsi di nuovo: sedurre e sposare ricche e incaute signore, ucciderle
senza lasciare traccia, derubarle dei loro risparmi e rinvestirli in Borsa,
giocando con abile e fredda lucidità. E poi tornare ad essere il padre di
famiglia, premuroso e affettuosamente severo, gratificato da cenette domestiche
e da serate in provincia in compagnia di noiosi vicini.
Ispirato al caso Landru, meticoloso impiegato ed
assassino seriale che negli anni Venti aveva sbigottito la Francia sposando e
uccidendo una ventina di donne, il film nasce da un'idea di Orson Welles (come
citano i titoli di testa). L'influenza decisiva di Welles sull'evoluzione del
film non è testimoniata (forse si tratta dell'ennesimo progetto in cantiere,
mai realizzato), ma potrebbe essere una profezia del suo fallimento al
botteghino e della sua riconosciuta grandezza.
Henry Landru, uno dei primi serial killer
storicizzati, liquidava le sue vittime registrando scrupolosamente su un
taccuino ogni dettaglio dei propri spostamenti e delle proprie economie. Tale
precisione lo aveva incastrato e, dopo aver impressionato l'opinione pubblica e
incrinato le certezze borghesi, era stato condannato a morte e giustiziato nel
'22. Chaplin prende spunto da questo personaggio per mettere in scena la
banalità del male: quello privato, ma anche quello su larga scala, legittimato
dall'economia e dalla politica.
Verdoux è infatti solo il pallido riflesso della
violenza pubblica, che si consuma sotto gli occhi di tutti. È l'homo
economicus: preciso, calcolatore, spinto ad uccidere dalla necessità di fare
parte di quel sistema, che impone le regole e i confini di appartenenza ad una
classe, ma non garantisce in nessun momento i mezzi per farne parte. Verdoux è
un uomo in equilibrio precario, che ha scoperto che la presunta stabilità
borghese non è solida quanto sembrava; allora tanto vale rischiare in ogni
momento, giocare tutte le proprie pedine.
Egli compie omicidi, non per appagare un desiderio
estetico o passionale (non vive infatti la dimensione dell'estasi del delitto),
ma per arricchirsi in maniera sistematica: il rischio di uccidere è parificato
a quello di giocare in Borsa e fare l'investimento sbagliato. Non esiste in
Verdoux la ritualità tipica dell'omicida seriale, l'edonismo dell'assassinio,
ma solo la fredda praticità (chirurgica e non drammatica) orientata
all'auto-sostentamento, ovvero al mantenimento di uno stile di vita.
La violenza e l'omicidio non sono rappresentati
proprio perché la posta in gioco non è la messa in scena tragica
dell'efferatezza del delitto, della crudeltà umana, ma piuttosto la banalità
della volontà di potenza. La banalità di tale volontà sta nella sua perversa
convenzionalità nella sua sinistra prevedibilità. Tuttavia, se Verdoux
obbedisce a una logica (sociale, economica) ben precisa, va detto che egli
spinge tale logica a una diabolica radicalità e spregiudicatezza. Ne nasce il
paradosso di una lucida follia, di una volontà smisuratamente ordinaria. Verdoux che nel suo piccolo non
ambisce al potere, ma solo all'appartenenza al ceto medio; eppure, proprio per
conservare tale medietà, egli si sente legittimato a ricorrere a misure stra-ordinarie: si
auto-investe di un ruolo che iper-interpreta il mors tua vita mea tipico della lotta per la
sopravvivenza e svuota la logica del contratto sociale.
Nella retorica del contratto sociale l'uomo,
violento e feroce per natura, stipula con gli altri uomini un patto di non
aggressione, che dovrebbe garantirlo dalla prevaricazione reciproca e
assicurargli la propria parte di benessere stabile. Verdoux interpreta il
contratto sociale come un involucro formale deprivato della sua etica, che svela
la crudeltà alla base del sistema liberistico: laddove la volontà dell'uomo è
il benessere ad ogni costo, Verdoux si ritiene un predatore quasi giustificato
dalle circostanze economiche. Egli uccide per il proprio arricchimento, e per
non spezzare lo schema produttivo infrange l'etica della convivenza civile.
Il giardinaggio, innocente occupazione a cui
Verdoux si dedica con ardore, la cura ossessiva per la casa e per il proprio
aspetto non sono che inoffensive distrazioni dall'orrore; l'omicidio diventa
solo un piccolo incidente domestico che, interrompendo la routine, richiede una
riconfigurazione del quotidiano (apparecchiare distrattamente per due persone,
anche se la moglie è stata eliminata). Verdoux, abile e amoroso giardiniere, è
quasi una metafora incarnata del coltivare il proprio giardino: il rispetto per la libertà del
prossimo viene meno a tal punto da sfociare nella sua distruzione. Nella
costruzione della personalità del suo personaggio, Chaplin sceglie quindi di
concentrarsi su questi particolari, non mostrando la violenza, ma lasciandola
solo intuire tra le righe della narrazione, come qualcosa che in ogni momento
la sottende, senza esplicitarsi.
Tanto più che Verdoux nel suo piccolo è non
violento, ammonisce il figlio che gioca con il gatto, salva un bruco in un
roseto, ha compassione per chi è disabile. Non solo per la propria moglie,
relegata su una carrozzella, ma anche per il marito di una prostituta, adescata
in strada per testare un veleno mortale, e liberata solo quando accenna inconsapevolmente
alla propria storia di povertà e malattia.
La cavia, asettica e inanimata, è proiettata di
colpo nell'intimo di un focolare domestico e da strumento diventa vittima.
Pertanto necessita di essere salvata, non dall'impietoso esperto di finanza ma
dall'uomo compassionevole, dal marito innamorato, che in fondo Verdoux
rappresenta.
Nella figura di Verdoux si contrappongono due forme
di violenza (quella privata e quella pubblica), ma anche due forme di
misericordia: da un lato la misericordia del singolo nei confronti del
prossimo, dall’altro una forma di misericordia sociale, secondo la quale
l’assassinio di chi conduce una vita al di sotto della morale, di chi è solo e
dimenticato dal mondo è considerato quasi un modo di liberarlo dalla sua condizione,
una sorta di eutanasia (Verdoux cerca infatti per le sue vittime una morte che
non lascia tracce, ma anche una morte dolce e indolore).
La prostituta stessa, graziata per caso dal
patibolo che questa misericordia vorrebbe infliggerle, entrerà a suo modo a far
parte del meccanismo economico e della violenza sociale. Sposerà in seguito un
mercante d'armi, un uomo di buon cuore nell'intimità, ma senza scrupoli negli
affari, arricchito dalla guerra, che ovunque porta morte e distruzione
socialmente accettata.
La violenza su scala industriale è infatti
tollerata, messa in scena ed esaltata. Lo dimostrano le immagini di guerra, la
gloria portata dalle vittorie e dai caduti. La violenza domestica è invece
demonizzata e celata. L'assassinio privato è immorale, l'assassinio di massa
uno strumento di progresso. Un omicidio è un abominio, un milione di morti un
investimento, dirà Verdoux in tribunale. Non per giustificare il proprio
modesto orrore, ma piuttosto per non dover interpretare un pentimento individuale
che la società, nei suoi orrori di massa, non si preoccupa di interpretare. Sul
banco degli imputati Verdoux sembra un mostro ed è condannato alla forca. Chi
uccide milioni di persone non è nemmeno sotto accusa.
Tutto rientra in una logica borghese, di cui anche
le vittime, le donne sposate e poi uccise, fanno parte. Del resto proprio
queste mogli sono, ognuna a suo modo, delle piccole interpreti dell'orrore
contemporaneo: avare e avide di denaro, oppure scialacquone e sprovvedute, sono
ammaliate dalla galanteria e dalla bella presenza di questo piccoletto che in
fondo non conoscono affatto.
Il film inizia proprio con un siparietto
sull'esasperazione borghese: i parenti della prima vittima, inaciditi dalla
convivenza familiare, sono assai più preoccupati delle sorti del patrimonio che
della sparizione della congiunta. La sventurata giace intanto nel forno di casa
dove, proprio come le vittime di Landru, brucia senza lasciare tracce, sotto lo
sguardo premuroso di un Verdoux giardiniere.
Le ricche signore si lasciano lusingare e a momento
debito, a seconda dell'andamento degli affari, vengono sacrificate per fornire
liquidi agli investimenti.
Anche l'arcigna seconda moglie, disillusa sul savoir
faire del suo
assassino, si lascia incastrare per paura di perdere gli amati risparmi.
Quando non sono facoltose per lignaggio, queste
mogli sono delle stupide arricchite per sorte, come Madame Bonjour (Bonheur, nella versione originale), nuova
ricca dissoluta, capricciosa e credulona, che si lascia raggirare da qualunque
imbroglione e sperpera in assurdi investimenti il guadagno della lotteria che
l'ha resa miliardaria. La sua stoltezza è pari alla sua fortuna, tanto che il
Capitano Bonjour (alias Henry Verdoux), accorto assassino, è incapace di
eliminarla.
Il Verdoux seduttore finisce con l'essere il
personaggio antitetico a Charlot, sfortunato in generale, ma in particolare con
le donne, proprio perché sprovvisto di quel fascino calcolato e consapevole,
che fa di Verdoux un perfetto manipolatore di signore. Del resto i caratteri
che rendono contraddittori questi due personaggi sono molteplici: dove Charlot
è buono d'animo, ma perennemente perseguitato dalle forze dell'ordine, Verdoux
è malvagio ed incensurato, Charlot è un vagabondo malvestito e semplicione,
Verdoux un integrato pieno di charme e buongusto, Charlot non sempre capisce
gli eventi, che spesso gli si ritorcono contro, Verdoux è un asso degli affari
e buon interprete del proprio tempo.
In definitiva, se Charlot è la maschera del
disadattato, Verdoux è l'icona dell'iperadattato, capace di sfruttare il mondo
che lo circonda al punto da considerare l'eliminazione fisica del prossimo un
semplice strumento di ricchezza (come si addice a qualunque buon sistema di
sfruttamento).
Ma, sostiene André Bazin, il personaggio di Charlot
non è affatto superato; Verdoux è il suo doppio, il demoniaco, ma anche il personaggio
incarnato in un uomo reale, laddove Charlot è solo una maschera. Comunque sia,
è certo che il personaggio di Charlot non è del tutto superato e riemerge a più riprese
nel corso del film: nei duetti con Madame Bonjour l'austerità della narrazione
sfocia apertamente nella commedia, nello slapstick, nelle gag care al Chaplin
del primo periodo. Una serie di situazioni paradossali, di coincidenze
sfortunate, e non l'intelligenza o la scaltrezza della donna, impedisce al
marito di compiere l'ennesimo e ormai rodato delitto. Charlot rivive qua e là
nelle espressioni e nei gesti di Verdoux, che sotto l'abito della fredda
consapevolezza, rivela talora la fragilità e la goffaggine dell'inesperienza.
Ma la costruzione economica di Verdoux non è
destinata a durare. Con l'inizio della guerra la sua impalcatura borghese è
nuovamente crollata e la frivolezza della narrazione lascia nuovamente il passo
all'austerità. Con la morte della moglie e del figlio, non sopravvissuti una
seconda volta alla miseria, Verdoux abbandona i suoi sforzi e si trasforma in
un vagabondo ben diverso da Charlot.
Di fronte al dramma della distruzione (non più
quella privata, ma quella collettiva della guerra) Verdoux si arrende e si
consegna alla giustizia. Persi gli affetti Verdoux, che non è un malvagio tout
court, ma
abbagliato dalla volontà ha creduto di muovere i fili della propria esistenza,
non ha più ragione di combattere per la sopravvivenza. La sopravvivenza diventa
anzi un fardello, che apre gli occhi su quello stato delirante di incoscienza
che è l'ascesa al benessere.
Il male, e di conseguenza la catena di omicidi, è
parificato ad una catena produttiva, nella quale il fine non ti permette di
prendere coscienza dei mezzi. Una volta perso il suo fine, il protagonista vive
l’alienazione e si accorge di aver agito in uno stato di falsa coscienza, in
una dimensione quasi allucinatoria. L'ultimo riscatto, di fronte al patibolo, è
quello della condanna del sistema, pronunciata senza tradire emozione sul
cammino verso la morte.
L'edizione italiana ha manipolato il finale e, come
nella migliore tradizione, preteso una sorta di pentimento; il film riprende
alla fine la scena d'apertura, che in Chaplin era solo un vezzo narrativo:
sulle immagini della propria tomba, l'impiegato redento narra la follia e la
tragedia della sua storia. Di tale concezione moralizzante non vi è traccia
nell'edizione originale dove, al contrario, Verdoux non è considerato il
deviante che alla fine viene punito, bensì l'iperadattato, che in punto di
morte ammette di essere crudele solo in quanto la società stessa lo vuole così.