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VIDEOFONINI

FRAMMENTI DI CINEMA DEI MICROSCHERMI

di MARTINA BONICHI

Una donna sdraiata su un letto aspetta accanto al telefono che qualcosa accada. Dopo mille attese il telefono squilla. Dall’altra parte del filo, l’ombra del proprio amante che vive nel silenzio. “Pronto, sei tu?”, sono le parole con cui Anna Magnani dà inizio ad un malinconico e disperato soliloquio che preannuncia la fine di una storia d’amore.

Ispiratosi a La voce umana, la pièce teatrale di Cocteau, Rossellini mette in scena, tra le pause, i singhiozzi e le parole urlate della protagonista, uno splendido piccolo film sulla fine di una storia che la donna disperatamente cerca di trattenere attraverso un piccolo oggetto domestico: il telefono.

Diventa foglio invisibile sul quale registrare i propri pensieri o una penna con la quale scrivere le proprie parole, il telefono, protesi e prolunga del proprio corpo e della propria voce. Da oggetto amato si fa amante, nella totale coincidenza con l’uomo dall’altra parte del filo.

Oggi, a  poco più di sessanta anni dalla realizzazione del film di Rossellini, il telefono, già divenuto mobile con l’avvento del cellulare, oltre che indiscusso oggetto di comunicazione, nel ridefinire le forme di visione attraverso l’innovativo dispositivo, diventa linguaggio, si mette in scena, non più come insolito attore ma alla ricerca degli infiniti luoghi da raggiungere ed investire attraverso uno sguardo anarchico, straniante eppure sorprendentemente trasparente.

Il display, assorbite le funzioni di monitor, diventa schermo sul quale si riflettono rapidissimi e fugaci movimenti, si fa specchio di una realtà imminente, ripresa nel suo divenire, nel suo accadere e – messa in scena attraverso un spazio espositivo del tutto lontano da quello canonico nel quale si riflettono piccoli frammenti di quotidianità – fedelmente rappresentata dall’occhio digitale che sceglie come propri set le strade, le case e come eccentrici ed insoliti soggetti i volti della gente che sembra pedinare.

Eletto come l’ultimo degli strumenti tecnologici, ormai perfettamente “addomesticati”, il moderno cellulare non esita a sostituirsi all’occhio umano nel rimandare una realtà fedele, perfettamente aderente a quanto si mostra all’apparenza, semplicemente digitalizzandola.

Giunto ormai alla terza generazione degli Smartphone, attraverso palmari, telefoni Umts e I-phone, il videofonino percepisce la realtà e allo steso tempo la guarda, la spia e la mette in scena reinterpretandola.

È così che si  esibisce e scopre se stesso nelle riprese sfocate, sgranate, lontane addirittura anche dai primissimi tentativi dei Lumiere, dando luogo spesso a frammenti di cinema, schegge della moderna video-arte, dettagli  di figure evanescenti, ancora alla ricerca di un proprio spazio in cui la macchina da presa cede lentamente il passo alla neonata cameraphone.

Scrivere, registrare, fotografare, riprendere, (tralasciando i sistemi di editing), sono tra le innumerevoli potenzialità di un oggetto compatto, maneggevole, sorprendentemente duttile rispetto a ogni funzione e finzione, dedito alla sperimentazione costante della fotografia e della ripresa video, che interroga se stesso, già da qualche anno, sulle proprie potenzialità per la realizzazione, accanto all’arte del cinema, di piccoli film. 

Mezzo di ripresa e di visione, all’interno del panorama mediale che vede i film ormai soggetti a continui processi di ri-locazione, il videofonino imita il cinema, ricalcandone le ombre, a volte nelle sceneggiature e nelle riprese,  mostrandolo sul proprio display e al tempo stesso ripudiandolo, allontanandosi dalle regole del mainstream propriamente cinematografico e spesso scegliendo le rassegne che vi si dedicano, dal Pocket Film Festival di Parigi allo Short Film di Berlino, e YouTube come piattaforma ideale sulla quale fruire dei video.

Acclamata come la più innovativa tra le moderne tecnologie, la videocamera del cellulare è fonte di ispirazione adottata sia da video artisti affermati, molti dei quali hanno vinto dei premi nei Festival specializzati, sia da una nuovissima frangia di nuovi registi che vede in questo strumento il moderno apparecchio di ripresa super leggero del nuovo cinema, così come negli anni sessanta fu la comparsa del super8.

Assimilate così le funzioni delle videocamere leggere e delle fotocamere digitali, il videofonino non è più solo il medium più innovativo nel quale convergono una moltitudine di forme mediali per girare e registrare, ma diventa la piattaforma più versatile, sulla quale fruire di film, video e di foto. 

Nel rispondere sempre più ad esigenze di trasparenza e di immediatezza, al pari delle webcam, impercettibili videocamere inglobate nel computer, il videofonino, sembra lasciarsi alle spalle le ormai obsolete caratteristiche di mediatore di realtà e, assumendo lo status di protesi dell’occhio umano, lascia così che tanto un regista improvvisato quanto uno spettatore-utente rimangano soli di fronte alla realtà rappresentata, senza più nulla a dividerli.

“Ognuno metta in scena se stesso ed il mondo”, sembra essere lo slogan ideale di ogni operatore telefonico nella sempre più fruttuosa produzione di moderni cellulari da permettere così, a chiunque voglia, di cimentarsi  come regista, attore e produttore di un proprio video.

Dall’incontro delle diverse tecnologie (tv, computer e  telefono) e dalla compresenza delle varie funzioni, assimilabili ad un unico oggetto, si assiste ad una inevitabile fusione della dimensione privata e pubblica, in cui il cinema, ormai “mobile”, è insieme esperienza privata ed allo stesso tempo pubblica.

Vedere e sentire si trovano così ad essere potenziati, ingigantiti ed il cellulare, ormai acquisita una funzione intimamente protesica, prolunga le mani, percepisce i movimenti, precede il nostro sguardo facendo sì che basti solo un clic perché ci si possa scoprire riflessi sul proprio schermo-display, sentendo sempre più presente la necessità di condividere la propria immagine, per sua stessa natura ibrida, con gli sguardi degli altri.

 

 
 

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