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TRA I SUSSURRI E LE GRIDA

 

UN INCONTRO CON INGMAR BERGMAN

 

Beniamino Biondi

 

 

Esterno-giorno, primo pomeriggio

 

La stazione dei treni di Uppsala è un casamento attiguo ad uno slargo nitido e armonioso. Il freddo intirizzisce le membra e tuttavia spiove dolcemente. I dimoranti non ne sembrano turbati e procedono sui loro cicli nei pressi di un viottolo boscoso che rasenta il fiume: qui è una folla taciturna di studenti adagiati sull’erba e rivolti alla lettura di un qualche libro o solamente pensosi e folli o solamente soli. La stazione pare sgombra, sebbene l’ingannevole senso di vuoto sia l’esito del generale contegno di queste genti. Il treno per Stoccolma, ora accostato al marciapiede, imposta il suo tragitto lungo poderi nei quali prevalgono le sfumature della terra e del fogliame, e i passeggeri del compartimento si attardano scrivendo sui loro quaderni, nell’atmosfera claustrale che ciascuno ci avvolge. Ognuno tra loro calca la matita su una piccola agenda nera, gravemente, e noi chiacchieriamo a disagio.

 

 

Esterno-giorno, pomeriggio avanzato

 

Giunti a Stoccolma ci concediamo una sosta. Non che il tempo ce lo consenta, ma sappiamo che la caffetteria della stazione serve un espresso davvero gustoso. Noi non siamo che avventori occasionali nel brulicare consueto di funzionari ed operai che sfuggono vicendevolmente al nostro sguardo indiscreto. La riservatezza, qui, è un culto laico ad esercizio collettivo: una circospezione, comunque, estranea alla misantropia. Ci dirigiamo al binario dal quale si attende che parta il treno per il molo. La corsa è celere, e inoltre ci attardiamo con due campeggiatori che compiono il medesimo tragitto per l’arcipelago delle isole Gotland. Sopraggiunti al porto ci imbarchiamo, coi modi di una garbata processione, sulla nave che non più tardi delle 3 ore attraccherà al porto di Visby. Impieghiamo questo tempo per esplorare la prua ove un vento gelido ci intorpidisce il volto, e, quantunque i bimbi incedono a petto nudo, noi siamo costretti a scomparire dentro l’abitacolo.

 

[…]

 

 

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