Nell’orizzonte
postmoderno del “non morto”, dominato soprattutto dallo spettro di tradizioni
antiche come l’uomo e poi dal vampiro, la mummia fa la sua apparizione fuori
dal contesto originale, passando dall’indefinito ruolo
di “ingrediente” per improbabili medicamenti, o per attivare processi
alchimistici di trasmutazione, al mondo delle
wunderkammer, base di partenza per l’infinito viaggio nella narrazione
fantastica.
Nell’immaginario
letterario egizio – nel nostro caso circoscritto alla sola mummia
–, un tema documentato è sempre quello della morte ingiusta subita nel
passato da chi ottiene poi l’opportunità di ritornare tra gli uomini alla ricerca
della vendetta e dell’immortale.
La
struttura narrativa che dona dinamicità all’esperienza della mummia ha quasi sempre il proprio incipit in un’infrazione alle
regole, in un abbattimento dei tabu che governano il sonno dei morti.
La
rottura dell’equilibrio è data infatti dalla
modificazione delle condizioni in cui si trova la mummia: il suo risveglio, che
può essere favorito da rituali magici, è determinato soprattutto
dall’allontanamento del corpo dalla sua condizione originale.
Infatti,
«se le tombe non vengono aperte, e le mummie non
vengono asportate dai loro avelli, non è possibile in alcun modo che
abbandonino i siti del loro eterno riposo. Di conseguenza non esistono agenti
esterni in grado di condizionarle o di disporre di loro fintantoché non si modifica questa situazione e, quando ciò si verifica
(teniamo presente che ci riferiamo alla letteratura orrorifica sull’argomento),
anche in questo caso ciò che dà inizio alla vicenda è l’effrazione di un antico
sepolcro egizio» (G. Pilo, Dizionario dell’orrore).
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