DAVID LYNCH
CRAZY CLOWN TIME
Maurizio Inchingoli
The horror and sadness of losing someone to other
dimensions
Il tempo
del divertimento è giunto per David Lynch, autore quasi leonardesco di affreschi cinematografici ormai mitizzati ed
esaminati fotogramma per fotogramma dai più avveduti critici di questi ultimi anni. Dunque un artista che si permette il lusso di giocare coi linguaggi – davvero tutti –, di deriderli a volte, e di creare mondi
sempre misteriosi, che usa il suono e la musica come elementi che vanno di pari
passo, anzi condizionano fino nell’anfratto più intimo le sue stesse opere
filmiche.
Con
questo Crazy Clown Time (Sunday Best Recordings, 2011) – che, lo ricordiamo, nasce anche grazie al decisivo apporto in fase di produzione
di Dean Hurley – compie un passo in avanti
nella sua lunga carriera, portando a termine un viaggio compiuto nella musica popular odierna,
quella musica che spesso si affaccia nelle classifiche. L’autore di Twin Peaks ambiva già da tempo a queste grazie anche alle innumerevoli
collaborazioni con i più talentuosi artisti del suo mondo: alludiamo in primis
alla musa Julee Cruise, agli score in forma di synth del sodale Angelo Badalamenti, ma anche a Trent Reznor (Nine Inch Nails), fino alle incursioni
nel dark rock con John Neff (a nome Bluebob), e con Dangermouse insieme al compianto Mark Linkous/Sparklehorse per il progetto Dark Night of the Soul.
Anticipato da un paio di singoli usciti un po’ in sordina lo scorso
inverno, Good Day Today e I Know, presenti nella track-list finale, dobbiamo fin da subito annotare un elemento chiave: il
disco ha un filo logico, una sua atmosfera generale ed un suo stile, insomma
Lynch non ha composto una cosa estemporanea ma, anzi, ha ricostruito/riproposto
il proprio mondo in queste canzoni elettroniche, mediamente buie e paranoiche,
figlie di un pensamento concreto e dunque mai fuori fuoco.
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