ORDINARE O
PRECIPITARSI?
SUL RITO DI INGMAR BERGMAN
Fabrizio
Gifuni
Il Rito di Ingmar
Bergman è un film “da camera” denso e misterioso. Un film perfetto. Bergman
mette in scena, in nove quadri, lo scontro mortale tra un giudice inquirente e
tre attori. Il giudice Abrahamsson indaga sulla presunta oscenità di un numero
teatrale eseguito da Hans e Thea Winkelmann (marito e moglie) e Sebastian
Fischer (amante di Thea). L’impianto del racconto è matematica allo stato
puro. Le scene 1, 3, 5, 7 e 9 si svolgono nello stesso ambiente, una
stanza per gli interrogatori. Le
scene 2, 4, 6 e 8 sono ambientate in quattro luoghi diversi: una camera
d’albergo, un confessionale, il camerino di un teatro di un varietà, un bar.
Nelle scene dispari il giudice interroga i tre attori (prima insieme, poi a
turno separatamente, poi di nuovo insieme); nelle scene pari i tre attori si
confrontano fra loro, mentre il giudice incontra il suo confessore –
interpretato dallo stesso Bergman. Il
Rito è un film sulle opposte pulsioni. L’impulso ordinatore del diritto e
l’impulso disaggregante dell’arte. Scrive Franco Cordero nel suo splendido
manuale di Procedura Penale (il mio ultimo esame universitario prima di un Macbeth al teatro romano di Verona):
«Rito. Parola classica della nomenclatura giudiziaria, molto usata. Rito,
rituale, ritualmente: nome, aggettivo e avverbio colgono l’aspetto più visibile
del fenomeno. Ascendano al sanscrito “ra” (ordinare, computare, da cui reor, ratio,
ratus) o al greco “reo” (scorrere, fluire, ma anche spandersi, diffondersi,
slanciarsi, precipitarsi o infuriare contro), evocano uno svolgimento conforme
al prescritto quanto a forma, sequela, tempo».
Seguendo
a ritroso le tracce della parola, ecco pararsi il bivio originario. Ordinare o
precipitarsi? Apollo o Dioniso. Bergman va al cuore della Sapienza greca. Come
Eraclito – che usa la formulazione antitetica nella maggioranza dei suoi
frammenti – Bergman è convinto che il mondo che ci circonda non sia altro
che un tessuto illusorio di contrari. Ogni coppia di contrari è un enigma, il
cui scioglimento è l’unità, il Dio che vi sta dietro.
[…]