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GRETA GARBO

 

Emil M. Cioran

 

 

Traduzione dal francese di Caterina Zarelli

 

 

Il patetico suppone una tensione interiore la cui manifestazione esteriore annulla la forma in un’esplosione e lo stile in una convulsione. I russi ne hanno imposto la sensibilità straripante, l’espansione senza moderazione e lo slancio senza stile. Contrariamente a questo genere di patetico che rasenta il teatrale, Greta Garbo è portatrice di una sobrietà che caratterizza con un fascino irresistibile quella complessa e misteriosa sensibilità. Poiché il merito di Greta è prima di tutto da cercare nell’interpretazione delicata dei disastri del cuore: esprime con garbo e sottigliezza le delusioni, riesce a esprimere l’infinito dell’anima con i mezzi della grazia. In nessuno dei suoi film troverete mai una plateale drammatizzazione, che si tratti di una sconfitta in amore o di un suicidio, di una fuga o della solitudine.

Interprete per eccellenza delle delicatezze intime, virtuosa delle gamme del cuore, ci lascia a malapena percepire l’eco di un’azione nell’anima, azione che non avrebbe né senso né valore se non rivelasse giustamente l’anima. È stato stupidamente chiamato «modo dell’anima» questo eccesso d’interiorizzazione drammatica. È forse una moda per la massa, ma per coloro, molto rari, che non vivono per non morire, l’anima è sempre stata la sola moda, l’attualità assoluta.

Questa donna unica, i cui occhi la dispensano dal gesto. Poiché il suo sguardo è un mondo, che somiglia così poco al nostro! Il patetico intimo che è il segno caratteristico di Greta si esprime in delle variazioni talmente sottili che sono talvolta impercettibili. Davanti a questa presenza serafica, ogni uomo sembra un macellaio. 

 

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