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IL PRETE CHE VOLLE FARSI FOTOGRAFO

L’ARTE VISIVA DI ANTON CORBIJN

 

Claudio Capanna

 

 

L’Abruzzo è terra arcana, fatta di montagne, boschi ed eremi. Il regno di un silenzio operoso, spezzato purtroppo da un’indesiderata ribalta internazionale, arrivata dalla metà del 2009, dopo la tragedia del terremoto dell’Aquila e dopo la sciagurata decisione berlusconiana di tenervi il G8, facendo della città un personale palcoscenico elettorale. Questa regione è stata anche scelta come teatro dell’ultimo action movie hollywoodiano targato George Clooney, attore atipico ma inserito a pieno nello star system del dollaro. Il Belpaese e la regione martoriata con l’affascinante divo (che fa parlare di sé anche per odierne love story in casa Italia) sono una combinazione comunicativa ed economica perfetta. Una sola cosa stona a questo punto, il regista chiamato a dirigere il film.

Anton Corbijn licenzia con The American il suo secondo lungometraggio, dopo una vita spesa a reinventare la fotografia “rock” e a realizzare alcuni tra i videoclip più innovativi e sperimentali degli ultimi decenni. Corbijn è un artista visionario, non solo un cineasta; un uomo legato all’immagine commerciale dei divi che fotografa o filma, ma mai intrappolato nella logica perversa del denaro.

 

The American incarna coscientemente l’equivoco sul quale fonda le sue origini. Il film è il nuovo giocattolo americano per il grande pubblico che vuole vedere la forma invidiabile del non più giovane Clooney, ma è anche un’opera atipica, lenta e “aliena”, costruita sapientemente sulla poetica dell’autore europeo. Le immagini altere della natura abruzzese si alternano a sequenze piuttosto banali e stereotipate di giovani e vecchi italiani, burberi e silenti (pronti però a entusiasmarsi per Sergio Leone). C’è una puttana dal cuore d’oro e gli inseguimenti avvengono in vespa (come una nuova e spericolata versione di Vacanze romane di Wyler). C’è anche la presenza di un prete (ottimamente interpretato da Paolo Bonacelli), che è venuto meno ai dogmi della sua religione, ma che custodisce un’anima in pace con se stessa. Un uomo arguto, che ben intravede la torbida natura del protagonista, ma che alla fine rimane estraneo ai suoi giochi di morte, impotente come la Madonna portata in processione nel villaggio, e assiste impassibile all’ultima sparatoria.

The American non riesce completamente a bissare i fasti artistici del precedente lungometraggio di Corbijn, Control, basato sulla vita della rockstar Ian Curtis dei Joy Division, ma rimane pur sempre un film magnifico e incompleto, nel suo viaggiare perpetuo al confine tra la poesia e il commercio.

Sembra che Clooney abbia insistito molto con la produzione americana per ambientare l’opera in Abruzzo e portare nuova linfa economica alla sventurata regione del terremoto. La scelta del luogo non può però esaurirsi semplicemente a capriccio umanitario di una star americana: le provincie dell’Aquila, di Sulmona e Avezzano sono intrise di religiosità, nel senso più ampio del termine, e questo ci può ricondurre agilmente alla poetica del cineasta.

 

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