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PITTURA MOVIMENTO

JERZY SKOLIMOWSKI E FRANCIS BACON

Marco Enrico Giacomelli

 

 

Forse, se fossi giovane, [la mia immaginazione]

avrebbe preso questa forma: essere un cineasta.

Francis Bacon (1975)

 

Prologo: cinema versus pittura

 

Innumerevoli sono le pellicole dedicate alla vita degli artisti visivi; spesso si tratta di lavori scadenti, sintomo della difficoltà di far interagire linguaggi così differenti. Un problema di èkphrasis. Fra gli altri, dopo un seminale Rembrandt degli anni '30, interpretato da Charles Laughton, nel 1956 fu distribuito Brama di vivere di Vincent Minnelli, dedicato agli ultimi anni della vita di Van Gogh. Nel 1965 Carol Reed, in Il tormento e l’estasi, indaga la vita di Michelangelo all’epoca dell’affresco della Cappella Sistina; nello stesso anno Cesare Zavattini, Arnaldo Bagnasco e Salvatore Nocita firmano un Ligabue per la Rai. In seguito, la quantità di opere del genere diviene inversamente proporzionale alla loro qualità, ma ancora emergono il Caravaggio (1986) di Derek Jarman, Carrington (1995) di Christopher Hampton, Surviving Picasso (1996) di James Ivory, Basquiat (1996) di Julian Schnabel e, ancora, film su Frida Kahlo, Jackson Pollock, Georgia O’Keeffe, Amedeo Modigliani, Camille Claudel, due pellicole su Rembrandt, poi ancora Munch, Toulouse-Lautrec, Andy Warhol, Diane Arbus, Robert Mapplethorpe, Joseph Beuys, Van Gogh.

Love is the devil, dedicato a Francis Bacon – interpretato da Derek Jacobi dopo che il ruolo era stato rifiutato da Malcolm McDowell –, viene presentato a Cannes nel 1998; un film degno di nota per la trovata delle voci fuori campo e degli estratti di interviste televisive, inserite per far parlare direttamente il pittore. Tuttavia, nessuna tela dell'artista è stata ripresa, poiché l’estate di Bacon ha rifiutato ogni collaborazione (l'unico appartenente al suo entourage ad aver collaborato alla pellicola è Daniel Farson) [1] . Il regista, John Maybury, ha dichiarato di aver voluto utilizzare soltanto i colori di Bacon: il fine del film avrebbe dovuto essere la rappresentazione dell'«apparenza fisica» [2] del lavoro di Bacon, e non una ricostruzione day by day della sua vita.

 

Cinema e movimento

 

Sin dagli anni '50, alcuni fra i critici più attenti al panorama artistico britannico, volto a sperimentare nuove modalità pittoriche, notarono una caratteristica insita nel lavoro di Bacon: «Tecnicamente Bacon è stato sufficientemente audace da tentare un’impressione cinematica di continuità nella sua serie di papi – un'esperienza pittorica di tipo completamente nuovo. Egli combina la monumentalità della grande arte del passato con la "modernità" di un film» [3] .

Bacon stesso dichiarò che avrebbe desiderato lavorare come regista, ma che l'ostacolo principale era rappresentato dal denaro necessario per fare del cinema. Ciò non toglie che abbia espresso opinioni interessanti in merito alla storia della cinematografia: se, «all'epoca del muto, l'immagine aveva grandissima forza», trattandosi di visioni «spesso molto potenti», tuttavia Bacon aveva l'impressione che «il cinema in fondo sia rimasto a uno stadio molto primitivo» [4] . I suoi riferimenti erano dunque piuttosto "classici": a parte Ejzenštejn, apprezzava la forza e la precisione di certe immagini di Buñuel, mentre era più restio ad attribuire un simile impatto ai lavori di Resnais [5] .

Ma certo la dinamicità delle immagini era assai importante agli occhi di Bacon, in ciò parteggiando per il cinema piuttosto che per la fotografia: ad esempio, era interessato dalla scena dell'occhio tagliato dalla lama di rasoio in Un chien andalou di Dalí e Buñuel, ma solo perché si trattava di un'immagine animata [6] .

 

[…]

 



[1] Aldo Lastella, Scandaloso Bacon, in “La Repubblica”, 27 aprile 1999.

[2] Richard Shone, It Ain't the Meat, in “Artforum”, vol. 37, n. 1, 1998, p. 13.

[3] Sam Hunter, Francis Bacon: An Acute Sense of Impasse, in “Art Digest”, vol. 28, 15 ottobre 1953, p. 16.

[4] Dichiarazioni del 1992 cit. in Hervé Vanel (a cura di), Francis Bacon. Entretiens, Carré, Parigi 1996, pp. 13 e 15.

[5] Fra i cineasti e le pellicole che Bacon ricorda, vanno almeno citati Les liaisons dangereuses 1960 di Erich von Stroheim, Freaks di Tod Browning e in generale le sperimentazioni di Warhol.

[6] Sam Hunter (Metaphor and Meaning in Francis Bacon, in James T. Demetrion (a cura di), Francis Bacon, cat., Hirshhorn Museum and Sculpture Garden / Thames & Hudson, Washington-London 1989, p. 29) ha ipotizzato che Painting (1946) possa essere stato parzialmente ispirato a questo film.

 

 

 
 

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