PASOLINI, L’ORESTEA E IL FREE
JAZZ
Il combattimento può cominciare
Patrizio Cenacchi
Appunti
per un'Orestiade africana, ultimato tra Edipo re (1967) e Medea (1969), è un'ulteriore manifestazione di quella necessità
avvertita da Pasolini di immergersi in un passato mitico alla ricerca di una
dimensione tragica perduta. Appunti rimane un lavoro inclassificabile, un oggetto che ibrida
il confine tra fiction e documentario e introduce un complesso rapporto tra la
storia dell’estremo continente africano e il mito della Grecia arcaica dove
sembra ricrearsi il sentimento tragico del mito.
Sono
venuto evidentemente per girare, ma per girare che cosa? Non un documentario,
non un film, sono venuto a girare delle note per un film: questo film sarebbe
l'Orestea di Eschilo, girato nell'Africa di oggi, nell'Africa moderna.
Pasolini
pronuncia questa frase rivendicando immediatamente la natura incerta
dell'oggetto cinematografico che sta realizzando. Tale dichiarazione d’intenti
mostra tuttavia che il termine “documentario” non può essere negato così
rapidamente. Da una parte perché è detto chiaramente che i brani filmati
prenderanno il profilo d’inchieste sul campo che ricordano molto da vicino il
“cinema-verità”, dall’altra perché vi è all’opera lo sguardo ideale del poeta
che mira a fare di questo film il luogo sia di un recupero del presente nella
sua forma mitica che di un mito barbarico afferrato nella sua incarnazione
storica.
La voce
off di Pasolini
attraversa l'immagine (come narratore che recita l'Orestea o che si sostituisce
alla voce dei personaggi) per scavare nella temporalità di quella realtà
osservata, per trasfigurarla in materia spirituale, nella messa in scena del
senso del tragico. L'atto di creazione del poeta si svolge sotto i nostri
occhi, e la sola logica che vi presiede è quella di una totale libertà
d'invenzione (improvvisazione), una ricerca del mito che trasfigura le cruente
immagini d'archivio della guerra del Biafra in immagini-metafora che
attualizzano la guerra tra i Greci ed i Troiani.
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