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CATALETTO PER ARISTAKISJAN

 

di DOMENICO BRANCALE

 

 

Ricordi di un incontro

 

C’era la neve, quel giorno. Sembrava di essere in un altrove, chissà dove. E si può forse rievocare attorno a quell’atmosfera, all’immagine di una città dissolta nel bianco, solo qualche parola. E sempre, purtroppo, di troppo. Era l’8 febbraio 2008, a Potenza, e in occasione del workshop Verità e Bellezza che due soggetti, assai singolari, hanno dato frutto a un inizio particolare di confronto, tra cinema e poesia: Artur Aristakisjan, cineasta nato in Moldavia da una famiglia d’origine armena e autore di due film, tanto personali quanto definitivi, a loro modo: La palma della mano (Ladoni, 1993), “lettera” di un padre a un figlio mai nato; L’ultimo posto sulla terra (Mesto na zamle, 2001), spaccato su una comunità di marginali che vive autonomamente la propria condizione umana, e Domenico Brancale, poeta nato in Lucania e autore de L’ossario del sole (Passigli, 2007).

Così fu Cataletto per Aristakisjan: poesia in forma (aperta) di cinema.

 

 

Ricordi di una conversazione

 

Domenico Brancale

 

Oggi è caduta la neve a Potenza… e questa neve caduta fa sì che io ti abbia pensato, forse perché vieni da molto lontano, forse perché vengo da troppo vicino… Ma oggi è caduta la neve… Ed è ad un particolare tipo di neve che penso: la neve sporca, la neve nera, quella che resta ai margini della strada, ai margini della nostra vista. Lo scarto. La neve che irrompe. La cui percezione è di per sé ingombrante. Come l’immondizia…

 

Artur Aristakisjan

 

Ospite di una persona a Mosca, vidi appena aperta la porta di una casa da cui una quantità immane di immondizia usciva fuori. E questo dimostrava nient’altro che quello che teorizzava la persona che abitava quel luogo, una specie di filosofo da strada: ovverosia che, quando qualcuno bussa, è l’immondizia ad aprire. A cadere. A venirci incontro. Tutto è immondizia allora. Tutto… Ma c’è qualcosa di prezioso che si può rovistare in essa, qualcosa che resta. Questo “manto” copre e non copre tutto. Come la lingua…

 

Esiste una lingua che non appartiene a nessun uomo... Che cos’è allora, cosa non è la parola?

 

Le parole di per sé non hanno significato, ma sono solo segno: e non costituiscono un sogno, un linguaggio. Ci vuole ben altro, ma la prospettiva di questo altro avvicina alla “terra”. Guarda in basso…

 

Come gli animali, che vedono l’assoluto: il bianco e il nero…

 

Il colore, sotto questo aspetto, non ha un grosso peso: è dentro già al bianco e al nero, sempre. Il visibile è sempre ciò che tu vedi ma non è ciò che viene verso di te: ciò era importante per i mistici. Ma forse davvero il mondo è iniziato in bianco e nero…

 

 

 
 

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