rifrazioni dal cineama all'oltre
 

www.rifrazioni.net /cartaceo/rifrazioni 3/estratti/linee

LO STILE TARDO E IL CINEMA

 

THE DEAD DI JOHN HUSTON

 

di MASSIMO CAPPITTI

 

 

Scrive Adorno che «la maturità delle opere tarde di importanti artisti non somiglia alla maturazione dei frutti». Le opere, infatti, «non sono tonde, ma corrugate, addirittura dilaniate» [1] perché l’artista impone al suo fare creativo una cesura, vi produce una discontinuità come se le soluzioni formali adottate fino a quel momento e i temi fino ad allora ricorrenti apparissero, all’improvviso, vani, logori, ormai estranei alla sua sensibilità. Dalla constatazione del rapido e definitivo esaurimento di uno stile nasce dunque nell’artista l’urgenza di consentire alla propria ispirazione la libertà di esercitarsi al di fuori di convenzioni dettate non solo dal canone ma, anche e soprattutto, dalle sue stesse scelte precedenti. Da qui l’effetto straniante delle opere tarde segnate da una «dissonanza» che stride e insieme si fa beffe delle aspettative del pubblico, disorientandolo. Nessuna conciliazione è allora possibile, così come nessuna compiutezza che riassorba in sé, giustificandolo, il dolore del mondo.

L’opera tarda pertanto retroagisce sulle opere precedenti – divenute, ormai, irrimediabilmente obsolete – evidenziando, in tal modo, la provvisorietà insopportabile di esiti sino a quel momento ritenuti felicemente compiuti: lascia, infatti, dietro di sé le «macerie delle opere» per affermare e comunicare se stessa «come in modo cifrato, soltanto attraverso i vuoti dai quali prorompe». [2] Allora «toccata dalla morte, la mano del maestro libera le masse di materia cui prima dava forma; le fessure e crepe ivi presenti, testimonianza dell’impotenza finita dell’io di fronte all’esistente, sono la sua ultima opera». [3] La prossimità della morte diventa pertanto la condizione per un rinnovamento creativo, l’occasione per forzare i limiti che l’artista stesso si è imposto e così disfare le soluzioni rassicuranti di chi ha scelto di essere imitatore di sé.

Tuttavia non sempre la dissonanza assume una forma «aspra» e «pungente» o si esprime drammaticamente come, ad esempio, in Beethoven. Essa, invece, può manifestarsi più compostamente – malinconicamente quasi – senza però rinunciare alla sua radicalità, come avviene per The Dead, l’ultimo film di John Huston, girato nel 1987, anno della morte del regista. [4] Film che segna uno stacco rispetto ai suoi precedenti lavori sia per la scelta del tema sia per la risoluzione formale, The Dead è difficilmente inscrivibile entro un genere definito. [5] Tratto dall’omonimo racconto di James Joyce raccolto in The Dubliners, [6] il film è una struggente e dolente meditazione sulla caducità, sulla fine di tutte le cose, quale ineliminabile orizzonte non solo della condizione umana, ma di tutto il vivente. Uomini e cose – l’universo intero – sono macinati dal potere corrosivo del tempo, dalla sua irreversibilità che li destina alla morte, irredimibile e priva di riscatto nel mondo senza dio del racconto e del film.

 



[1] Th. W. Adorno, Beethoven. Filosofia della musica, Einaudi, Torino 2001, p. 175. Riprendo alcune delle considerazioni che seguono dal bel libro di L. Lenzini, Stile tardo. Poeti del Novecento italiano, Quodlibet, Macerata 2008, in particolare pp. 17-19.

[2] Th. W. Adorno, Beethoven, cit., pp. 177-178.

[3] Ivi, p. 178. Per questo passo di Adorno cfr. L. Lenzini, Stile tardo, cit., p. 24.

[4] Il regista volle accanto a sé, quasi presagendo la sua fine, i figli Tony come sceneggiatore e Anjelica come attrice protagonista.

[5] Cfr. a questo proposito le osservazioni di M. Morandini, John Huston, Il Castoro Cinema, Milano 1996, pp. 136-138.

[6] Come è noto, in più occasioni Huston si è ispirato per i suoi film romanzi e racconti. Per fare solo qualche esempio, Il mistero del falco, tratto da un romanzo di Hammett, Il tesoro della Sierra Madre da Traven, Moby Dick da Melville.  Mario Sesti scrive che The Dead è «un capolavoro di fedeltà al testo, o meglio uno straordinario modello di lucidità e strategia nel passaggio dalla letteratura al cinema» (Citato in M. Morandini, John Huston, cit., p. 136).

 

 
 

- i n f o @ r i f r a z i o n i . n e t -