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LAPIDI DI FAME

 

SU HUNGER

 

DI FLAVIO DE MARCO

 

 

Premessa

 

Nel 1981 undici detenuti della prigione di Maze, Irlanda del Nord, hanno perso la vita durante il secondo Hunger Strikers. Avevano iniziato lo sciopero della fame per il diritto ad essere chiamati prigionieri politici invece di criminali. Nel 2008 l’artista inglese Steve McQuenn gira Hunger, in riferimento alle ultime sei settimane di vita di Bobby Sands, leader della protesta. Un anno dopo ho visto questo film in un cinema di Berlino. Le sequenze del film, nei giorni successivi alla visione, mi tornavano alla vista come una sequenza di memento mori. Oggi, a distanza di mesi, ho scelto di scrivere per ogni prigioniero deceduto una sorta di epitaffio a partire da quel nucleo di immagini. Dopo aver scritto i primi sette mi sono accorto che non sarei arrivato a undici. La mia parola si era consumata e ho scelto quindi di lasciarla ad altre voci. Così ho inserito due poesie di Giorgio Caproni, che stavo leggendo in fase di scrittura, e una di Domenico Brancale, che nel giorno in cui iniziavo il testo mi aveva regalato la sua ultima pubblicazione. Infine ho voluto indicare, a fianco del nome di ogni prigioniero, la durata del rifiuto degli alimenti, perché la morte per le proprie idee si concretizza nel tempo di tutti coloro che restano in vita.

 

Bobby Sands, 1 marzo - 5 maggio, 66 giorni

 

La morte arriva come uno stormo di uccelli neri. La vita volatile fissa il movimento della sua sparizione. La macchina da presa ha le ali del soggetto in campo. Oscilla nella stanza intorno al letto. Predatrice di corpo non ancora carcassa. Ha fame. Mangia lo spazio fissando la scomparsa dell’eroe senza gloria. Non muore l’uomo, ma un'altra figura. L’attore. Muore con la velocità del suo ricordo. Fuori dalla stanza, il cielo è chiaro. Il fantasma appare nel riquadro della finestra. Il fantasma di se stesso morente. Il campo è corto. Il bambino muove verso il se stesso adulto. Lo carezza sulla parte del corpo che a breve non sarà più corpo. Non resta che sangue nelle feci di un mucchio di ossa. Di un mucchio che non è più uomo e non sta in piedi. È già morto ma non ci ha ancora lasciato. Ha lasciato la sua figura. Al pasto freddo dell’inquadratura. Un uomo in un letto. Che riavvolge la vita. I secondi che ritmano gli anni. Il cielo che adesso si fa scuro. Albero e uccelli, segni neri su fondo blu. La vita si attacca all’immagine. Ha ancora un cuore per vedersi. Per presentarsi in immagine. Il fantasma bambino ha lasciato la stanza. Corre nel bosco lungo il fiume. Si ferma soltanto per voltarsi al se stesso che ha occhi sbarrati sul soffitto. Guarda indietro. Sta lasciando la sua vita. Vede la mano materna sul volto. Soltanto con la certezza di vedersi morire può proseguire la corsa per raggiungere gli anni a venire.

 

 

 
 

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