POETICHE
Werner Herzog
L’ESTASI DEL SALTATORE
di Francesco Cattaneo
Quando Walter Steiner comincia a scivolare lungo il
trampolino, nessuno può più fermarlo. A lui non resta che affidarsi alla
presenza avvolgente dell’aria, che, da impalpabile qual è abitualmente, diviene
improvvisamente e stranamente consistente – non solo a livello tattile,
ma anche visivo. Il corpo dei saltatori ripresi al ralenti nella Grande
estasi dell’intagliatore Steiner si trasforma in un’unica grande ala, o vela, su cui s’imprimono
– quasi come delle profonde incisioni – i segni del vento: sui
tessuti increspati e ondulati delle tute, innanzitutto, ma anche sulla pelle
spasmodicamente tirata del volto.
Per tentare di fare un passo avanti in questo film e in
generale nell’opera di Herzog occorrere resistere a una tentazione disastrosa:
quella di ridurre il salto con gli sci raccontatoci da Herzog a uno dei tanti
sport estremi che ci vengono propinati più o meno regolarmente da trasmissioni
televisive sensazionalistiche, abili a vellicare la nostra curiosità e il
nostro desiderio di «straordinario», provvedendo al contempo a farci rimanere
comodi sulle poltrone. Questo «straordinario», a ben guardare, non è che il
rovescio dell’«ordinario», dunque un suo prolungamento, una sua propaggine. Il
nostro interesse per lo «straordinario» è sempre fondamentalmente fugace e
inconsistente: è uno svago, una distrazione, un divertimento. Guardiamo con
sorpresa, sgraniamo gli occhi, ma sempre dalla posizione di sicurezza di chi ha
già associato all’esperienza che si trova di fronte l’etichetta di attività
ludica con tratti più o meno marcati di follia. Sospesa la serietà lavorativa, c’è chi si dedica a
una session di playstation o scarica la tensione con una racchetta da tennis e
c’è chi fa bungee-jumping o si butta da un aereo sperando che il paracadute si
apra.
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