Cosimo Terlizzi, nato a
Bitonto, sì è formato e affermato come artista a Bologna. Ora vive in Svizzera,
con il suo compagno e collega Damien Modolo. La sua
filmografia è un ibrido per eccellenza, sia per contenuti, temi, che per
quantità di forme d'arte scomposte e riunite e contratte. Dalla video-arte con
pulsioni narrative – come Ritratto
di famiglia (2001) e Regina (2008) – a documentari perfetti in tutto fuorché nel centrare il genere
– si vedano i tre episodi di Murgia (2008), in cui il regista è
teso a essere il più naïf
possibile. Né mancano i riconoscimenti a
Terlizzi come fotografo, performer e perfino deejay. In termini d'impegno
lavorativo, gli ultimi anni si sono concentrati su due film di appunti su di sé
e la sua famiglia allargata, costruita anch'essa meticolosamente: Folder (2010)
e L'uomo doppio (2012). Documentari autobiografici? Molto. Fiction su se
stesso? Abbastanza. Non ho mai compreso, sinceramente, chi sostiene che degli
artisti vada guardata l'opera e non la biografia. Tesi che vedo sostenuta
soprattutto da artisti modesti o paranoici o invidiosi della vita più
avventurosa di alcuni loro colleghi. E amo molto quando addirittura l'opera si
sovrappone alla biografia. Probabilmente la performance più
estrema di Cosimo Terlizzi è stata quella di fare “outing” come
omosessuale proiettando Folder nel cinema del suo paese e manifestando
la sua distanza in un incontro con il pubblico via skype.
L'uomo doppio è la seconda parte di Folder. Se in Folder si parlava d’identità in
divenire, disfatte o da farsi, in L'uomo doppio si ha il senso di un
film in cui l'autore dice “ecco cosa so io dell'identità”.
Vito Contento - La prima domanda che ti
farei è se l'idea di un uomo doppio è una concezione che proviene da tue
letture nella psicanalisi, e se sì da quali.
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