rifrazioni dal cineama all'oltre
 

www.rifrazioni.net /cartaceo/rifrazioni 12/estratti/linee

LEZIONI DI CINEMA

 

 

METODO HERZOG

UN’ANTIACCADEMIA DEL CINEMA

 

Jonny Costantino

 

Per me un’accademia cinematografica utopica è qualcosa di diverso da quello a cui siamo abituati. Per esempio non accetterei nessuno che non abbia percorso almeno 3.000 chilometri a piedi per venire a iscriversi. Tipo da Kiev a Vienna o da Marrakech a Vienna. Così sarei certo che questa persona è seria e la accoglierei. Quando si viaggia a piedi si vivono esperienze elementari che si distanziano da ciò che è accademico. Il puramente accademico è, in ultima analisi, la morte di ogni occupazione reale perché in esso c’è un’assenza della pena e della passione in cui si radicano certe esperienze. Queste lezioni mirano anche a mostrare la passione che caratterizza l’arte cinematografica.

 

È la sfida con cui Herzog introduce le sue Lezioni di cinema (Filmstunde, Austria 1991). Otto incontri realizzati durante le giornate della Viennale 1991 sotto un tendone da circo. Otto conversazioni tra il regista di Fata morgana (1970) e sette personaggi d’eccezione. In ordine di apparizione: il funambolo Philippe Petit, il regista Volker Schlöndorff, il filmmaker Michael Kreihsl, il drammaturgo Peter Turrini, il cosmologo Saiful Islam, il giornalista Ryszard Kapuscinski, il mago Jeff Sheridan. L’ultima lezione è Herzog stesso a tenerla. Il cineasta mantiene la promessa della premessa e rende tangibile la passione che sta alla radice del cinema. Quattro ore di puro incendio cerebrocardiaco per chiunque covi la febbre del cinema, ma possiamo dire dell’arte. Lezioni di vita e visione che contengono stupefacenti momenti di cinema oltre il cinema. A ognuno dei suoi ospiti, al termine dell’incontro, Herzog porge un dono. A ognuno di questi professori sui generis lo scrivente s’è premurato di attribuire una materia d’insegnamento all’interno dell’ideale cine-palestra herzoghiana.

 

I. Philippe Petit: Istituzioni di funambolismo criminale

 

Funambolo e mimo, ladro e giocoliere, Philippe Petit è il prototipo vivente dell’eroe herzoghiano. Genio delle traversate sovversive e artista della fuga dalla polizia, o quasi: oltre 500 gli arresti subiti durante le sue performance in strada. World Trade Center, 7 agosto 1974: dopo sei anni di preparazione clandestina, il bandito Petit tira un filo a circa 450 metri di altezza tra le furono Torri Gemelle e vi cammina per 45 minuti – otto avanti e indietro, trovando pure il tempo, l’istrione Petit, di stendersi sul filo, come volesse schiacciarsi un pisolino, prima di farsi due giorni al fresco e subire un processo per direttissima. Il sogno di Jean Genet s’è incarnato, è Philippe Petit: funambolo criminale artista. Il diciassettenne che inizia a fare il borseggiatore per imitare Jean-Louis Barrault in Gli amanti perduti (Carné, 1945), ma presto si stuffa e compie curiosi esperimenti, come far trovare sul marciapiede agli appena derubati il proprio portafoglio, per vedere l’effetto che fa. Troppo prevedibile, il furto. Meglio il filo, più rischioso. Immaginate con che occhi possano guardarsi lui ed Herzog. Tra gli insegnamenti impartiti da questi due lucidissimi artisti del delirio ci sono le istruzioni per scassinare serrature (in parte autocensurate, purtroppo) (la serratura di un camion quando ostruisce la visuale che si vuole filmare; la serratura delle manette ai propri polsi, con una semplice graffetta e, soprattutto, senza essere visti) o qualche dritta per falsificare documenti, attitudine rivelatasi decisiva in molte delle imprese non autorizzate di Herzog, come costruire un intero paese in piena Amazzonia, percorrere liberamente fiumi in zona militare, trascinare con un sistema rudimentale di carrucole e forza lavoro indios una nave di 340 tonnellate su una montagna – il riferimento è qui a Fitzcarraldo (1981), tre anni di gestazione con morti e feriti, parto a cui, per epicità e drammaticità, è paragonabile forse solo Apocalypse Now (Coppola, 1979). Scassinare, falsificare: “abilità elementari” per un regista. Il regalo di Herzog all’amico Petit (quanto mai simbolico, visto che il beneficiario non sembra averne bisogno) è un tallero di Maria Teresa: se metti questa moneta sotto un foglio bianco e ci sfreghi sopra una matita, verrà fuori un sigillo su cui apporre la firma del presidente in carica dello stato in cui ti trovi, vergata però di tua mano: è sufficiente per produrre un falso documento ufficiale, l’importante è aggiungere un timbro in una lingua illeggibile dagli autoctoni. Uno stratagemma con cui Herzog ha messo sull’attenti parecchi soldati peruviani nel folto della foresta amazzonica. E se non hai una matita da passare sul foglio, s’intromette l’esperto Petit, va bene anche il cerume delle orecchie.

 

[…]

 

 

 

 

 
 

- i n f o @ r i f r a z i o n i . n e t -